Siamo alla seconda settimana di clausura dovuta al Covid19 più comunemente detto il virus della birra, data la nota marca Corona. Questo maledetto virus ha cambiato i nostri comportamenti, le nostre abitudini, il nostro modo di fare…e non credo sempre nel migliore dei modi.
Alcune cose sono state proprio stravolte:
- Prima i nostri porti, molte volte chiusi, erano diventati una chimera per una moltitudine di persone che si mettevano in mare per sopravvivere, adesso i nostri confini sono bloccati sia in entrata che in uscita essendo additati come appestati.
- Prima era la gente del sud che cercava fortuna al nord. Adesso essendo il nord il focolaio maggiore della diffusione, molta gente tenta di scappare dal nord per riversarsi al sud, magari solo con la scusa della loro provenienza.
- Ho già vissuto da piccolo la situazione di essere rilegati in casa con l’obbligo di non uscire: era il 1969 e per la strade di Tripoli andava al potere il colonnello Gheddafi e i suoi soldati pattugliavano ogni incrocio sparando per aria ogni 5 minuti per tutto il giorno, per arrivare a sera dove scattava il coprifuoco, e a quel punto non si usciva neanche per attraversare la strada. Oggi stessa situazione, certo non ci sono i soldati che sparano, non c’è più Gheddafi, ma c’è paura, timore di essere attaccati da questa bestia invisibile.
Qui i cambiamenti di umore di ognuno di noi: si sta in casa, per adesso, prendendo spunto dal cane o dalla spesa o tante meno dallo sport per poter uscire di casa: sono passate solo due settimane! Credo che tutto non passi prima di una trentina di giorni almeno, e gli animi si scalderanno esasperando tutte le convivenze. Già adesso in molti girano con la mascherina e i guanti e all’incrociare una persona cambiano direzione in maniera repentina. Non voglio pensare a cosa succede in famiglie con due o tre bambini piccoli costretti a giocare dentro quattro mura alla presenza forzata di papa e mamma.
- Si lavorava per ottenere un progresso economico che adesso serve a poco: non uscendo, le valvole di sfogo sono poche: al di la di quelle canoniche che aumentano la popolazione, ci sono i pranzi e le cene, ma un domani dovremo pure uscire dalla porta della cucina che abbiamo attraversato agevolmente in tempi non sospetti.
Quando tutto questo finirà “ci sarà una voglia di vivere e ballare che farà luce” (bella frase non è mia, l’ha coniata Francesco Guccini).
Spero, mi auguro che questo periodo serva a ricucire i nostri animi cancellando la falsità, l’arrivismo, la stupidità che era ormai parte di noi nel passato, anche se solo di 15 giorni fa.
Del resto basterebbe poco per essere migliori, e quel bacio o quell’abbraccio che abbiamo negato sinora un domani potranno servire per guardare i nostri simili come semplici conterranei di un paese che viviamo tutti.