Dopo anni d'uso del terzo tempo,  anche per scopi non proprio legati alla sua istituzione,  ieri all'arrivo di una tappa difficile del Giro d'Italia,  la seconda prevista in alta montagna,  un tal Nibali recuperava circa 50 secondi al primo in classifica,  il colombiano Chavez:  al traguardo i genitori di quest'ultimo si complimentano per l'impresa e tra le lacrime abbracciano il nuovo campione e questa volta non e' il loro genito. 

Certo fa nulla se in due settimane il giro e' partito in Olanda per poi sbarcare in Calabria per arrivare prima alle Dolomiti e poi alle montagne intorno la cintura piemontese… queste imprese e questi sforzi facciamo finta siano normali per questo sport, o meglio per tutti gli sport che fanno del professionismo il loro credo.  Ma se del professionismo dobbiamo preoccuparci,  non dobbiamo assolutamente scordare i dilettanti:  loro senza una lira,  con gli stessi sforzi e senza risorse farebbero tutto per diventare professionisti……  lì il pericolo.  Purtroppo oggi il doping e' tale solo per le sostanze non riconosciute dalle lobby farmaceutiche accreditate alle varie federazioni,  ma questo on esclude il pericolo derivante da sostanze lecite che comnuque inibiscono la corretta crescita dei ragazzi e soprattutto la corretta competizione con i rivali. 

Un campione della marcia con il nome impronunciabile seppur italiano,  tale Schwazer,  condannato a 4 anni di squalifica per doping,  ha cercato nella maratona di Roma il suo riscatto vincendola e soprattutto guadagnondosi con l'impresa, l'accesso alle Olimpiadi di Rio.  Molti dei suoi compagni di spedizione non lo volevano imputandogli proprio quella mancanza di pulizia, da lui già pagata.  

Da una parte l' emozione di un atleta che perde tutto,  soldi fama medaglia olimpica sponsor,  dall'altra la rabbia di  come lui abbia falsato la realta  sacrificando ai suoi farmaci non tanto la sua vita, ma la vita sportiva dei suoi rivali  che dopo 4 anni nessuno ricorda piu', scordati dal pubblico che tifava la meraviglia olimpionica del dopato.